I fratelli dell'Italia di Prandelli

mercoledì 12 ottobre 2011

Una bell'Italia non solo ieri contro l'Irlanda del Nord, ma anche in tutte le più recenti prestazioni.

Calcio italiano rinato, dopo le brutte figure rimediate in Sudafrica?


Non credo, troppo brutti ai mondiali, per essere la vera rappresentazione del calcio italiano.

La mia teoria su basa sul fatto che al di là dei calciatori, che rivestono sempre il ruolo principale, le fortune di una rappresentativa nazionale si basano molto sulla coesione di squadra.

Mi spiego meglio, è difficile per un selezionatore formare una squadra con meccanismi tattici ben oleati per il troppo poco a tempo a disposizione.

Inoltre non sempre sono a disposizione gli stessi giocatori, vuoi per cali di forma, vuoi per iinfortuni.

Allora cosa rende forte una nazionale?

Due sono i fattori: o essere quasi tutti di una stessa squadra di club, teoria Bearzot tanto per intenderci, che prendeva la Juve e la faceva giocare in Nazionale salvo un paio di innesti, oppure la capacità dell'allenatore di creare un gruppo coeso.

Di questo era ben cosciente Lippi, che nel 2006 riuscì in questo modo avincere un mondiale e che nel 2008 non volle nuovi innesti proprio perchè credeva che i risultati potessero venir fuori più dal gruppo che dai singoli giocatori.



Lo stesso errore di Bearzot nel 1986.

E', infatti ben difficile ricreare quell'alchimia necessaria alle grandi imprese, troppe cose cambiano in quattro anni.

Ora Prandelli è riuscito a creare un gruppo animato da un grosso spirito di sacrificio, introducendo anche qualche novità tattica.
E' da verificare la sua tenuta in concomitanza con grandi avvenimenti tipo i mondiali che si esauriscono in poco tempo.

Ma questo lo vedremo a giugno agli Europei, per adesso godiamoci questa bella Italia.

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